Roma, 9 novembre 2010.
Richiamare alla mente l’articolo di Leonardo Sciascia su “I professionisti dell’antimafia”, le polemiche di stampo intellettuale e filosofeggianti che ne sono conseguite, e le singolari richieste di scuse a Paolo Borsellino sulle quali ci si imbatte andando alla ricerca di quei fatti su internet, appare con chiarezza una sterile provocazione. Rispondere Sciascia a chi dice Saviano riporta la posizione del critico ad essere strumentalizzata come un argomentazione dialettica fine a se stessa. Fatta salva la nuova frontiera inesplorata dell’onestà intellettuale mostrata dal compianto autore siciliano, il suo piccolo saggio si poneva a ridosso di fatti tristi e gravi della storia italiana recente, e quindi non poteva in nessun modo evitare di lasciare scoperto un fianco che fu terreno fertile allo scoppio della polemica giornalistica. Risultato: 50 e 50, 0 a 0, la sagra della sagra del “tarallucci e vino”! Il coro di vibrante protesta dei grilli della canzone di De André, “La domenica delle salme”, contro la strage di Via D’Amelio.
In questo paese (ma forse sarebbe più esatto dire “in occidente”), il luogo comune inculca subdolamente nella mente delle masse che gli intellettuali sono di sinistra, i ricchi ed i potenti sono esseri superficiali che non si curano minimamente dei poveracci che muoiono di fame e che la Fiat ritornerà a vincere il campionato di calcio al più presto, mentre Mediaset, essendo una squadra “da Coppa”, porterà uno per uno i suoi tifosi (cominciando dal primo, il presidente basso) sul tetto d’Europa. Così come Branko afferma con certezza che la luna in giove rende favorevoli gli investimenti e quindi anche la ripresa dalla crisi economica, è noto che l’Italia è il paese della Mafia. E la risposta: l’Italia è anche antimafia!
Si tratta ancora una volta di un assunto che divide a metà un paese ed un popolo. Tra ricchi e poveri, comandanti e comandati, destra e sinistra così come tra mafiosi e “professionisti dell’antimafia”. Ma come si può nel 2010 pensare che tutte queste posizioni rappresentano dei punti di arrivo? Ma che razza di ricco può pensare ancora di non doversi preoccupare del povero che sta per strada sotto casa sua? Quale comandante può essere tanto cieco da non rendersi conto che tralasciare gli interessi dei comandati è il primo passo verso l’ammutinamento? I francesi hanno tagliato la testa al re nel 1789 e l’hanno fatto con la ghigliottina che lui stesso aveva contributo a costruire. Quale politico può auspicare a tal punto il fallimento del suo mandato da rintanarsi ancora nella dialettica fra destra e sinistra? Il muro di Berlino è “cascato dalla finestra” da oltre vent’anni, Fidel Castro manda una scatola di sigari al mese in vaticano e Che Guevara è uno dei maggiori esempi dello stereotipo come lo concepiva Roland Barthes.
L’Italia è il paese dell’anti-qualcosa. E soprattutto è uno stato da troppo poco tempo. E dove lo stato, l’istituzione, non è presente, non è radicato, sorgono istituzioni e stati alternativi. La criminalità organizzata non è altro che questo. Una risposta che giunge dal basso alle domande alle quali lo stato non riesce a rispondere partendo dall’alto.
Così, mafioso è colui che paga il pizzo come colui che lo riceve. Certo, la violenza è molto più grave dell’accondiscendenza e la pena del mafioso deve essere il doppio di quella di un commerciante che subisce l’estorsione. Ma mafiosi sono entrambi, criminale e commerciante. Pensare che chi paga il pizzo non è colpevole di mafia è un insulto a chi è morto per non volerlo pagare. Sicuramente, non è mafioso chi non subisce l’estorsione. C’è però una bella differenza fra chi non la subisce per fortuna e chi non la subisce perché la rifiuta. Ed è a quest’ultima categoria che bisognerebbe applicare l’etichetta di lotta alla mafia! Chi si preoccupa di sottolinearla tante volte quanto basta a rendere il messaggio illeggibile, non è altro che un accolito dell’antimafia.
La mafia in Italia non è il problema ma la conseguenza di tutti i problemi. Ed essendo il paese dell’anti-qualcosa, la mafia diventa la ragione di essere degli accoliti dell’antimafia. Berlusconi diventa lo scopo di vita dei giornalisti che si occupano di politica e della classe politica alla quale egli stesso non appartiene. Roberto Saviano, ed il suo coraggioso ed importantissimo lavoro (“Gomorra”), affossato e trasformato in operazione commerciale, diventa la necessaria risposta alle scritte sull’asfalto egregiamente raccontate da Federico Moccia.
La mafia è qualcosa che sta molto più vicino a tutti noi di quanto lo crediamo. Si tratta di qualcosa di così potente che è difficile persino riconoscerla. Il tutto viene da un atteggiamento umano preciso: la solidarietà per interesse. Quando la solidarietà si collega a un interesse, invece di essere disinteressata, nasce la mafia. E questo si svolge a tutti i livelli, dal punto di vista economico e dal punto di vista culturale. La maggior parte delle volte chi innesca il meccanismo non è neanche lontanamente cosciente di ciò che sta facendo. Si tratta semplicemente della legge della giungla. Non c’è niente di più naturale. Ma soprattutto non c’è sintomo più certo del dilagare dell’ignoranza. Perché la solidarietà è solidarietà quando è fine a se stessa. Nel momento in cui incontra un interesse ne viene schiacciata.
La mafia si combatte costruendo lo stato, non c’è altro modo. Ed il tanto criticato articolo di Sciascia non voleva che esortare la politica alla costruzione dello stato invece che all’incoronazione degli eroi dell’antimafia. Combattere la mafia vuol dire cercare dentro se stessi tutti gli atti che in realtà si fanno per interesse camuffato da solidarietà e sostituirli con delle scuse ai destinatari per averli insultati. Provare a fare un favore senza aspettarsene un altro in cambio, nel mondo di oggi, è vista come una stupida ingenuità, mentre in un mondo senza mafia dovrebbe essere la normalità. Ecco perché il paese intero è mafioso. Lo è e non lo sa. La vera lotta alla criminalità organizzata si riassume in una semplice parola, che quindi è il contrario sia della mafia che dell’antimafia: la carità.
YanezDeGomera (ilredelmare)